Castions di Strada

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Faber e Don Gallo:
diario per immagini di Luca d’Agostino

di Nicola Cossar
(Messaggero Veneto, 15/09/2013)

POZZUOLO. C’è stata, tanti anni fa, una serata in cui le nostre giovani strade hanno incontrato quella del mito fatta persona. Non dimenticheremo mai il magico dopo-concerto al Carnera sospeso fra l’amicizia e Le nuvole della poesia in musica in compagnia di Fabrizio De Andrè, il Maestro. Fu un happening di sentimenti, di domande impazienti e di risposte sagge e implacabili, lampi di un affetto che legava in modo ostinato l’urgenza di vita di Faber e una piccola delegazione del popolo che si riconosceva nel sentire del poeta, nella potenza della sua parola, nell’armonico e quasi ieratico suono di una voce senza tempo.
Ne uscimmo tutti con un seme nel cuore. Se lo ami, il seme dà frutti copiosi. E Luca d’Agostino, fotografo di anime musicali d’ogni dove, quel seme se l’è tenuto ben stretto e l’ha piantato nel suo cammino, nel suo lavoro, nel suo essere solare e fiero, sempre nutrito dalla musica e dalla poesia. Altre stagioni sono fiorite e l’albero di Faber non si è spento con il Capitano, anzi è divenuto più forte per donare ombra e rifugio ai cuori smarriti fra le derive di questo sfocato millennio.
Così, Luca ha seguito sempre con particolare attenzione ogni iniziativa dedicata al Maestro. Anche quella nata da un altro cuore generoso quanto instancabile e musicale: Giuseppe Tirelli. Bepi di Morteàn aveva ideato uno spettacolo – che ha debuttato nel 2009 – in cui il Friuli rendeva omaggio a De André reinterpretandone un pugno di canzoni immortali in marilenghe. Luca storse il naso, noi storcemmo il naso, ne scrivemmo male.
Fine? No, Tirelli non abiurò la propria fede e ci spiegò, con affettuosa insistenza, il senso del tradurre e del tradire, il senso dell’universale che attraverso le lingue si fa particolare per poi ridiventare universale. Ci spiegò che tra gli ultimi di Turoldo e quelli di Faber non c’è poi differenza. Ci disse soprattutto che quello spettacolo – A forza di essere vento – con tanti bei talenti giovani di casa nostra, era una carezza filiale al Maestro, era un gesto d’amore in un mondo ormai smemorato.
Non fu folgorazione, fu una nuova e crescente consapevolezza a far mutare il vento, a gonfiare le vele verso altri lidi di umanità autentica. E Luca è divenuto testimone del cammino di questo progetto, lo ha raccontato da par suo in tutti i colori del bianco e nero e ora – con la complicità di Tirelli e della sua tribù musicale – ce lo regala in un bel libro fotografico che sarà presentato oggi, alle 11.45, al centro Balducci di Zugliano nell’ambito della due giorni di iniziative che don Pierluigi Di Piazza ha predisposto per ricordare un altro grande, «un prete da marciapiede» che ha sempre camminato con gli ultimi: don Andrea Gallo, genovese come suo fratello Fabrizio.
E se l’albero si riconosce dai frutti, allora diciamo che l’albero del Capitano qui cresce rigoglioso, perché adesso a Zugliano gli amici genovesi di don Gallo ne vedono i frutti: dopo lo spettacolo che don Gallo tanto amava, A forza di essere vento, andato nuovamente in scena ieri sera, oggi potranno partecipare alla presentazione del libro di Luca e nel contempo ascoltare i giovani del Laboratorio musicale sperimentale che ci regaleranno il loro De Andrè tra la videoproiezione delle foto e parole di amicizia fra amici.
È facile essere amici dei potenti, è una sfida nell’ombra esserlo degli ultimi. Don Gallo lo ha testimoniato fino all’ultimo respiro. «Lo insegnava vivendo. Lo abbiamo capito bene quando siamo andati con lo spettacolo proprio nella sua Genova – ricorda d’Agostino -. Una straordinaria esperienza umana: il diario per immagini di quel viaggio ora è racchiuso nel libro assieme agli scatti del concerto di Porto Buso. Due mari diversi, una sola rotta che porta all’uomo, ai suoi bisogni, capace di dare voce a chi non ce l’ha, a dargli quel nome che spesso gli viene negato: amico».